[ Pobierz całość w formacie PDF ]

ed or la musa indigena
suscita il dolce strepito
di tibie lyde 50
per onorar d un inno
il tuo figlio, o Panthide!
Udí Panthide, e il cuor batté piú forte
contro la manna delle sue cicute.
Ora poteva sciogliere la vita 55
felicemente, come alcuno un fascio
d erbe e di fiori che nel giorno colse,
sfa, su la sera, che ne fa ghirlanda,
tornato a casa. Ché dei cinque figli
niuno lasciava senza lode in terra. 60
Gli avea ben fatto il Sole, e dalle Grazie
avea sortito ciò che all uomo è meglio.
Ammirato dagli uomini mortali
tornava a casa, per pestare, il saggio
medico, l erbe nel mortaio di bronzo. 65
E la notte era dolce, aurea; tranquillo
era il suo cuore. Ché il Panthide nuovo
s era acquetato sul materno petto,
e il forte Argeo, stanco di mare e gioia,
dormiva, già sognando altre corone. 70
Buona, la sorte! buona! Ché concesso
non gli era mica di salire al cielo!
123
Letteratura italiana Einaudi
Giovanni Pascoli - Poemi conviviali
ALEXANDROS
i
 Giungemmo: è il Fine. O sacro Araldo, squilla!
Non altra terra se non là, nell aria,
quella che in mezzo del brocchier vi brilla
o Pezetèri: errante e solitaria
terra, inaccessa. Dall ultima sponda 5
vedete là, mistofori di Caria,
l ultimo fiume Oceano senz onda.
O venuti dall Haemo e dal Carmelo,
ecco, la terra sfuma e si profonda
dentro la notte fulgida del cielo. 10
ii
Fiumane che passai! voi la foresta
immota nella chiara acqua portate,
portate il cupo mormorío, che resta.
Montagne che varcai! dopo varcate,
sí grande spazio di su voi non pare, 15
che maggior prima non lo invidïate.
Azzurri, come il cielo, come il mare,
o monti! o fiumi! era miglior pensiero
ristare, non guardare oltre, sognare:
il sogno è l infinita ombra del Vero. 20
iii
Oh! piú felice, quanto piú cammino
m era d innanzi; quanto piú cimenti,
quanto piú dubbi, quanto piú destino!
124
Letteratura italiana Einaudi
Giovanni Pascoli - Poemi conviviali
Ad Isso, quando divampava ai vènti
notturno il campo, con le mille schiere, 25
e i carri oscuri e gl infiniti armenti.
A Pella! quando nelle lunghe sere
inseguivamo, o mio Capo di toro,
il sole; il sole che tra selve nere,
sempre piú lungi, ardea come un tesoro. 30
iv
Figlio d Amynta! io non sapea di meta
allor che mossi. Un nomo di tra le are
intonava Timotheo, l auleta:
soffio possente d un fatale andare,
oltre la morte; e m è, nel cuor, presente 35
come in conchiglia murmure di mare.
O squillo acuto, o spirito possente,
che passi in alto e gridi, che ti segua!
ma questo è il Fine, è l Oceano, il Niente...
e il canto passa ed oltre noi dilegua  . 40
v
E cosí, piange, poi che giunse anelo:
piange dall occhio nero come morte;
piange dall occhio azzurro come cielo.
Ché si fa sempre (tale è la sua sorte)
nell occhio nero lo sperar, piú vano; 45
nell occhio azzurro il desiar, piú forte.
Egli ode belve fremere lontano,
125
Letteratura italiana Einaudi
Giovanni Pascoli - Poemi conviviali
egli ode forze incognite, incessanti,
passargli a fronte nell immenso piano,
come trotto di mandre d elefanti. 50
vi
In tanto nell Epiro aspra e montana
filano le sue vergini sorelle
pel dolce Assente la milesia lana.
A tarda notte, tra le industri ancelle,
torcono il fuso con le ceree dita; 55
e il vento passa e passano le stelle.
Olympiàs in un sogno smarrita
ascolta il lungo favellío d un fonte,
ascolta nella cava ombra infinita
le grandi quercie bisbigliar sul monte. 60
126
Letteratura italiana Einaudi
Giovanni Pascoli - Poemi conviviali
TIBERIO
i
Discende a notte Claudïo dal monte
Borèo: col vento dalle nubi fuori
rompe la luna e gli balena in fronte,
fuggendo. Egli rimira, a quei bagliori,
Livia e l infante: intorno vanno frotte 5
silenzïose di gladïatori.
S ode tra lunghe raffiche interrotte
l Eurota in fondo mormorar sonoro;
s ode un vagito. E nella dubbia notte
le nere selve parlano tra loro. 10
ii
Rabbrividendo parlano le selve
di quel vagito tremulo, che a scosse
va tra quel cauto calpestío di belve.
Sommessamente parlano, commosse
ancor dal vento, che vaní; dal vento 15
Borea, che le aspreggiò, che le percosse.
Dal ciel lontano a quel vagito lento
egli era accorso; ma nell infinito
ansar di tutto, dopo lo spavento,
risuona ancora quel lento vagito. 20
iii
Chi vagisce, è Tiberio. E il vento accorre
dal ciel profondo tuttavia; spaura
le nubi in fuga, e sbocca dalle forre
127
Letteratura italiana Einaudi
Giovanni Pascoli - Poemi conviviali
Le selve il mormorío della congiura
mutano in urlo, e gli alberi giganti 25
muovono orridi in una mischia oscura.
Lottano i pini coi disvincolanti
frassini, e l elci su la stessa roccia
coi faggi urtano i vecchi tronchi infranti.
E il fiore della fiamma apresi e sboccia. 30
iv
Sboccia la fiamma, e il vento la saetta,
come una frusta lucida e sonante,
via per ogni pendío, per ogni vetta.
Il vento con la frusta fiammeggiante,
col mugghio d una mandrïa di tori, 35
cerca il vagito del fatale infante.
Ardono i monti; ma ne suoi due cuori
Livia tranquilla, indomita, ribelle,
tra i rossi òmeri de gladïatori,
nutre Tiberio con le sue mammelle. 40
128
Letteratura italiana Einaudi
Giovanni Pascoli - Poemi conviviali
GOG E MAGOG
i
A mandre, come gli asini selvaggi,
in vano andava e ritornava in vano
Gog e Magog coi neri carriaggi;
e la montagna li vedea nel piano
errare, udiva di tra le tormente 5
di quelle fruste lo schioccar lontano;
ed un bramir giungeva, della gente
di Mong, come umile abbaiar di iene,
all inconcussa Porta d occidente.
ii
Ché tra due monti grande era, di rosso 10
bronzo, una porta; grande sí, che l ombra
ne trascorreva all ora del tramonto
mezza la valle. Il figlio dell Ammone
la incardinò per chiudere gl immondi
popoli, e i neri branchi di bisonti: 15
la sprangò, chiuse. Ma ristette al sommo
dei monti: un chiaro strepere di trombe
giungea dalle Mammelle d Aquilone.
iii
V era il Bicorne... E gli ultimi che, infanti,
aveano udito il gran maglio cadere 20
su le chiavarde, erano grigi vecchi;
e non partiva... E i figli lor, giganti
dagli occhi fiammei, dalle lingue nere,
o nani irsuti dai mobili orecchi,
129
Letteratura italiana Einaudi
Giovanni Pascoli - Poemi conviviali
erano morti; e d ognun d essi, i mille 25
erano nati, quante le faville
da un tizzo: ma il Bicorne era lassú.
iv
In alto in alto, a guardia dell Erguene-
cun; e lo squillo delle sue diane
movea valanghe e rifrangea morene. 30
S empiva, ogni alba, il cielo di poiane;
e l Orda a valle, come nubi al suono
del nembo, nera s addossava al Kane:
carri che rotolavano dal cono
delle montagne; un subito barrito 35
d elefanti; una voce come tuono...
v
Ma meno udian di giorno quel tumulto
lassú; di giorno anche le genti chiuse
ruggíano, e il cibo dividean con l unghie.
Vaniva il grido di lassú nell urlo 40
della lor fame. Era, di giorno, tutto
al sangue, Alan, Aneg, Ageg, Assur,
Thubal, Cephar. Piú, nelle notti lunghe,
s udiva, quando concepian, nel Yurte,
le loro donne i figli di Mong-U. 45
vi
La luna andava su per orli gialli
di nubi, in fuga: per l intatta neve
stavano in cerchio mandre di cavalli:
le teste in dentro, immobili, tra il bianco,
130
Letteratura italiana Einaudi
Giovanni Pascoli - Poemi conviviali
stavano: a ora a ora un nitrir breve, 50
un improvviso scalpitío del branco.
Ché tutta la montagna solitaria
muggía. Temeva anche la luna, e lieve
balzava su, da nube a nube, in aria.
vii
O risplendea sul murmure infinito, 55
pendula. Cinto d edere e d acanti
l Eroe, tolte le faci del convito,
scorreva in festa i gioghi lustreggianti,
e laggiú, dalle tonde ombre dei pini,
l Orda ascoltava lunghi aerei canti; 60
udiva lunghi gemiti marini
di conche, e, tra il tintinno della cetra,
timpani cupi, cimbali argentini.
viii
Gog e Magog tremava; e le sue donne
dissero: «Non ha madre Egli, cui dolce 65
gli sia tornare, pieno d ambra e d oro? [ Pobierz całość w formacie PDF ]

  • zanotowane.pl
  • doc.pisz.pl
  • pdf.pisz.pl
  • imuzyka.prv.pl